Macbeth and Boccanegra - Verdi e il potere 29/04/2016

 Selezione dei brani più significativi delle 2 opere di G. Verdi

Nell’ opera lirica, secondo le convenzioni della letteratura romantica, gli Eroi e gli Anti-eroi, combattono fino all'estremo, gli uni in nome di Dio e di virtù morali e di giustizia, gli altri per il potere, utilizzando la propria posizione per piegare le vittime a proprio vantaggio o uccidendo brutalmente, pur di ottenere la posizione ambìta. Il ruolo degli eroi è solitamente affidato a tenori o soprani, mentre i “carnefici” o i vili, sono impersonati da baritoni, bassi e contralti.

Nelle due opere Macbeth e Simon Boccanegra, Verdi ritrae due personaggi di potere ma dalle passioni ed intenzioni diametralmente opposte.

Macbeth è un tiranno. Per il tiranno la massima espressione del potere è quella che decide sulla vita e sulla morte di altri. Il contrassegno del potente è il suo diritto di vita e di morte. Il sopravvivere agli altri è l’autentico trionfo: il morto giace, colui che sopravvive è in piedi e trionfa. Il tipico tiranno ha una spaventevole condanna che lo perseguita da tempi remotissimi. Le streghe salutano Macbeth come Re di Scozia e gli rivelano che il suo rivale sarà di “monarchi genitore”. Macbeth si macchia di diversi delitti. Perderà il sonno per il rimorso e vedrà i fantasmi degli assassinati, ma crollerà solo quando tra le apparizioni, sfileranno i bambini che rappresentano i re futuri. Macbeth presagisce che non sarà lui a trionfare, poichè egli e Lady Bacbeth sono una coppia sterile, priva di figli. “Ho vissuto abbastanza”, dice Macbeth nel dramma di Shakespeare, “la mia vita ha raggiunto l’aridità, la foglia gialla. E ciò che dovrebbe accompagnare la vecchiaia, cose come amore, onore, obbedienza e schiere di amici, io non debbo aspettare di averle”. Verdi, nella sua opera, lascia trapelare pietà anche per gli assassini... Il terrore provato durante la scena dei fantasmi, il rimorso e la morte della sua consorte e la desolazione dell’aria di Macbeth, ne sono la riprova.

L’opposto del tiranno è l’eletto Doge di Genova, Simon Boccanegra, di origine plebea dall'animo nobile, provato in gioventù da un atroce dolore. “Perfin l’acqua del fonte è amara al labbro dell’uom che regna...” proferirà Simone, prima di morire. Egli rappresenta l’uomo di potere che perdona, che sa riconciliare fazioni, nobili e plebei, Genova e Venezia. “E vo’ gridando pace!”  tuona dal seggio ducale. Verdi, in Simon Boccanegra, capovolge i convenzionali rapporti di forza tra i personaggi: non solo il protagonista è il baritono, ma il suo vero antagonista non è il tenore, bensì il basso, mentre la donna contesa non è l'amante, bensì la figlia di Simone che si rivela essere anche la nipote del suo antagonista. Quest'opera cupa e triste si conclude con la morte dell’eroe, compensata dalla promessa di un tempo migliore e con un messaggio di pace e d'amore: simile ad un passaggio di testimone, la morte di Simone coincide con la promessa di nozze della figlia con Gabriele, il giovane patrizio che cospirava contro la fazione dei plebei, e con l'elezione a Doge di quest’ultimo, cosicché il momento della riconciliazione, nasce catarticamente da quello della sofferenza.